RIFLESSI D’ORIENTE.
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Description
Nel corso dei secoli, le carte geografiche hanno rappresentato un insostituibile strumento di conoscenza e trasmissione del sapere, di cui non sempre si sono valutati appieno l'importanza e il ruolo storico. Fin dall'Antichità, le mappe hanno sia favorito la curiosità degli uomini verso gli altri mondi, sia fornito la possibilità di soddisfarla attraverso i viaggi e i commerci, agevolando gli incontri - ma anche gli scontri - di civiltà (secondo le felice espressione coniata dal compianto Samuel P. Huntington). Per questo abbiamo pensato di allestire una mostra sull'evoluzione dell'immagine della Cina nella cartografia europea, ospitandola nella magnifica cornice del Castello del Buonconsiglio a Trento. L'intento è di spiegare come si sia sviluppata, nel corso dei secoli, la conoscenza di quel lontano e misterioso paese nella cultura occidentale, usando come "cartina di tornasole" le immagini cartografiche e topografiche che, meglio di tante altre, hanno saputo dare conto delle notizie che venivano man mano acquisite sulle regioni esterne all'ecumene euromediterranea. La cartografia, infatti, può essere considerata una sorta di "fossile guida" per scoprire e interpretare i processi conoscitivi che hanno portato alla formazione e diffusione di certi pensieri e certe idee, a volte preconcette, nell'immaginario collettivo, specie riguardo a una realtà così aliena ed esotica come quella estremo-orientale. Quando - e sono trascorsi ormai 10 anni - un gruppo di docenti dell'Università di Trento si riunì con l'intenzione di istituire un Centro Studi che sviluppasse le relazioni scientifiche e culturali con la Cina e l'Asia orientale, la scelta di intitolarlo al matematico, geografo e cartografo trentino Martino Martini non fu assolutamente casuale. Infatti, uno dei fondatori dell'Università di Trento, Franco Demarchi, un professore di sociologia che nutriva una grande passione e interesse per la Cina, aveva intuito la portata storica dell'opera di Martini e aveva iniziato un processo teso a riscoprire e valorizzare il ruolo suo e quello degli altri intellettuali gesuiti del Seicento nella promozione di relazioni pacifiche tra Oriente e Occidente, fondate sullo scambio culturale e la reciproca comprensione. La sua idea guida era che il missionario Martino Martini, a tre secoli di distanza, potesse diventare nuovamente un ambasciatore di pace e amicizia tra est e ovest, in un momento in cui le relazioni tra questi due mondi non erano tra le più felici. Gli avvenimenti di questi ultimi anni gli stanno dando ragione. Martino Martini, figlio di mercanti e nato in una terra di confine, seppe porsi su un piano di reciproco rispetto e condivisione del sapere con i letterati cinesi dell'epoca, ricevendone in cambio stima, amicizia e collaborazione. Ebbe così l'opportunità di accedere a una mole impressionante di dati e notizie sulle caratteristiche del mondo cinese inedite per l'Occidente, che gli permisero di compilare sintesi precise e dettagliate, tali da far avvicinare il pubblico europeo alla cultura cinese, la quale appariva tanto ricca e affascinante da suscitare persino invidia ed emulazione. Seguendo la linea tracciata da Matteo Ricci e Alessandro Valignano, Martini considerò la geografia come un mezzo per studiare e conoscere in maniera più approfondita la civiltà cinese, allo scopo di stabilire un canale di comunicazione foriero di importanti sviluppi per il futuro. Dall'introduzione di Riccardo Scartezzini |
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